Incisi

ChatGPT bloccato, ecco come aggirare il divieto.

So che pare facile sparare sul bel paese ma mi rincuora che sempre più giornalisti e intellettuali iniziano a parlare apertamente del nostro paese come di una nazione finita, morta. E i motivi per cui se ne dovrebbe parlare sono molteplici: politici parassiti; popolazione assuefatta e apatica; delinquenza dilagante con la giustizia colpevole di non difendere i più deboli; neo laureti, che siano dei geni o meno non importa, che non appena ricevono il sacro sigillo se ne vanno via immediatamente dall’Italia; stipendi che da trent’anni non aumentano, ma anzi, diminuiscono; tasse su tasse ovunque; appuntamenti biblici per una visita medica; costanti aumenti dei beni di prima necessità; persino l’acquisto di una casa sta diventando utopico; amministratori e politici corrotti che se ne infischiano delle leggi e della costituzione… Potrei andare avanti e voi sicuramente trovereste altre supercazzarole di quelle elencate.

Beh, ora possiamo aggiungerne un’altra: arretratezza! Il fattaccio che ha fatto scaldare gli animi è nelle motivazioni espresse dal garante per la privacy che ha bloccato l’uso da parte di OpenAI, della chat con l’intelligenza artificiale più famosa al mondo, ChatGPT. Infatti, dal primo aprile (credo), la chat non è più raggiungibile nel nostro paese e quando si prova ad accedervi, veniamo avvisati con questa segnalazione:

La motivazione imposta dal nostro garante sulla privacy è che ChatGPT non rispetta la disciplina sulla privacy a seguito della pubbluicazione di dati sensibili degli utenti a causa di un bug in una libreria open source. In poche parole, si sono appropriati di alcuni dati sensibili. Inoltre il garante rileva come ci sia una grave mancanza di un’informativa agli utenti su come vengono raccolti i dati da OpenAI e del motivo per cui sono conservati massicciamente questi dati. OpenAI ha riferito che questi dati servono per addestrare gli algoritmi al funzionamento della piattaforma e quindi al suo futuro miglioramentomigliorarlo.

Ora, potrebbe anche apparire sensato ma è una corazzata kotiomkin di livelli fantozziani, sì, perché a ben guardare, Google, Facebook, Instagram, TikTok e molti altri social hanno fatto i soldi e sono diventati dei colossi proprio con lo sfruttamento dei nostri dati personali. Lo scandalo accorso pochi anni fa a Facebook con Cambridge Analytic segue la stessa, identica base. Eppure nessuno si è sognato di bannarla. Nessuno gli ha imposto uno stop. Nessuno. TikTok ha il medesimo problema ma si è così consolidato che non è stato bloccato. Penso perciò che lo stop a OpenAI sia motivato dal fatto che è una tecnologia giovane.

Ciò mi spinge a considerare i responsabili del garante sulla privacy come dei trogloditi, incapaci nel vedere l’innovazione e a vivere un passaggio epocale nella nostra storia. Non è che non siano nel torto, ma come ho espresso poc’anzi, anche tutti gli altri e Facebook in special modo, andrebbero bloccate immediatamente. In Europa si discuteva da mesi proprio su questi aspetti giuridici ma nessuno aveva osato discuterne apertamente. L’Italia lo ha fatto… ma nel modo peggiore.

Penso perciò che entro breve tempo la situazione si sistemerà, ma nel frattempo le VPN (rete privata virtuale), stanno gongolando per l’aumento massiccio di utenti che ne stanno facendo uso.

Ma aspettate, esiste un’alternativa AGRATIS che vi permetterà di usare ChatGPT senza acquistare alcuna VPN. Stiamo parlando del browser OPERA. Fra Google, Firefox e Bing, Opera resta il fanalino di coda ma sta rimbalzando la notizia che attraverso l’uso della sua VPN integrata, si può tranquillamente usare ChatGPT. E’ Vero? Sappiatelo… E’ VERO! Quindi, in barba alle restrizioni imposte dal nostro “lungimirante” garante, sia con l’uttilizzo delle VPN che scaricando il browser Opera, si può arginare il problema. Insomma, la solita figura biricchina.

Se dunque state cercando un’alternativa gratuita, scaricate Opera. Una volta scaricato e installato, potete decidere o meno di farlo diventare il vostro browser preferito (io non lo fatto e per ora mi tengo Google). Finita l’installazione, a sinistra andare sulla rotellina delle impostazioni.

Una volta che sarete dentro le impostazioni, in alto a destra andate a scrivere sul CERCA NELLE IMPOSTAZIONI, VPN e date avvio alla ricerca.

Vi si aprirà una nuova pagina. Troverete due alternative, una free ed una pro a pagamento. Scegliete la free e spuntate le voci che fanno al caso vostro. Dopodiché potete ritornare sulla pagina principale e provare ad accedere a ChatGPT ed et voilà, il gioco è fatto. Siete dentro.

Come vedete non abbiamo solo risolto il problema, ma abbiamo pure scoperto che si può usare la Vpn integrata con Opera per navigare in tutta sicurezza su siti sensibili come banche o altro (ovviamente è importante avere un buon antivirus e anti trojan che da soli tengono alla larga i malintenzionati). Se poi siete così poco furbi da aprire il link contenuto in una mail sospetta che vi chiede i vostri dati personali per accedere ad un conto bancario che non possedete… beh, che vi devo dire. Le Vpn non possono salvarvi dalla stupidità.

Quindi, finché il problema non verrà risolto, usate Opera e buon lavoro. Fatemi sapere che ne pensate e se vi piace, lasciatemi un like.

AI WAR, il diritto d’autore sull’arte generata dall’intelligenza artificiale

Potrebbe essere il titolo perfetto per un film distopico o di fantascienza, eppure l’avanzamento della tecnologia quantistica da una parte e le sempre più forti interazioni con la macchina, stanno generando un dibattito acceso e a tratti costruttivo perché impone e ci impone ad una riflessione seria sui mutamenti di questa nuova rivoluzione. Un cambiamento così sovversivo da generare prese di posizioni molto nette. Hollywood per esempio si è parzialmente genuflessa a sua maestà Netflix, lasciandosi condizionare invece di combatterla per riportare gli spettatori al cinema. Netflix, Amazon Prime, Disney + e le altre piattaforme in streaming hanno rivoluzionato il mainstream d’intrattenimento, con molti benefici, ma anche molti problemi: volete metterci la bellezza di un film sul grande schermo piuttosto che a casa?

Con l’intelligenza artificiale stiamo giungendo ad un nuovo rinascimento (e mi ricollego in modo negativo al declino umano difronte all’avanzata delle macchine in Animatrix). Lasciando perdere le fantasie, una verità alla nostra portata è che sempre più illustratori, grandi artisti e registi di fama mondiale come Gulliermo del Toro o il maestro Miyazaki si sono detti inorriditi, affermando che: “L’animazione creata dall’IA è un insulto alla vita“. Così ha chiosato Miyazaki, ripetuta successivamente da Del Toro. Nel precedente post, mi sono posto degli interrogativi sul suo fine ultimo, in primis al fine di ragionarci sopra e per intercettare quelle che sono le idee delle persone o degli amici in proposito. Se pur accennati, la questione che sta emergendo in modo preponderante in queste settimane è la seguente: a te, sviluppatore di AI art, chi ti ha dato l’autorizzazione per usare i miei lavori e renderli disponibili con modifiche più o meno evidenti? In poche parole, io non ti ho concesso l’autorizzazione, perciò, o mi paghi una commissione o la smetti di plagiarmi o ti faccio causa.

Vediamo dunque come stanno reagendo vari siti a questa rivolta. Partiamo con Pixiv, il sito online giapponese, che mette a disposizione uno spazio per i propri lavori. È notizia recente la sua decisione di inserire un tag al fine di individuare o filtrare proprio questi lavori a dispetto di quelli tradizionali. Vi ricordate di NovelAI? Ma sì, ve ne ho parlato proprio la volta scorsa! Saprete che fornisce una pagina per la creazione di immagini dallo stile manga. Ebbene sto apprendendo che sommersa dalle polemiche, NovelAI potrebbe eliminarlo a breve (al momento che revisiono il testo, gennaio 2023, non mi pare sia stato eliminato). Motivo delle sfuriate? Semplice, l’AI prende i lavori fatto dai veri disegnatori/illustratori e li riadatta per i nuovi utenti. Il risultato è stata una sequela di accuse per plagio. Anche per un altro programma citato nei miei precedenti post come Dall-E, sono giunti alla scelta di eliminare la modalità manga. Però se entro in Wonder, l’opzione per la generazione di illustrazioni anime, è ancora disponibile. Insomma, da questo gran polverone, i giapponesi sono in prima linea per non vedersi sottratto il dominio incontrastato nel mercato dei fumetti. Proprio perché, come accennai precedentemente, queste applicazioni sono così straordinarie che possono generare, tavola dopo tavola, un vero fumetto: questo senza saper minimamente disegnare.

E qui entriamo nella questione dei diritti d’autore. Come per le criptovalute, non ci sono regole esplicite che limitano l’operato di alcuni soggetti. I giapponesi ci tengono alla propria etica artistica e preferiscono seguire un fumetto creato dalla fantasia di un artista, piuttosto che da una macchina. Penso che a breve, scenderanno in campo anche gli illustratori americani delle due più famose catene comics come la Marvel e la DC (ma credo che la Disney non starà a guardare) per evitare che si creino appropriazioni indebite e violazioni del copyright del proprio lavoro. Era una questione postami proprio durante la stesura sull’intelligenza artificiale fra gli scrittori e cioè dove ci si pone eticamente e quanto sia lecito usare in toto un’intelligenza artificiale per svolgere un proprio lavoro. La soluzione resta quella in un uso appropriato e consapevole, usando le AI writer come ChatGPT per richiedere una riscrittura del proprio lavoro, giusto per individuare errori di sintassi e renderlo più fluente, ma non si può fare un copia e incolla indiscriminato. Le AI writer hanno un limite evidente: non fanno altro che adattare o copiare scritti o testi esistenti fra quelli forniti dal team di sviluppatori. È perciò ovvio se sia una buona idea realizzare un libro interamente da una AI, visto che l’accusa di plagio è dietro l’angolo. Oltre al fatto che sono privi di uno stile; abilità ancora ad appannaggio dell’essere umano.

E’ notizia recentissima che il professore della Furman University negli Stati Uniti, ha reso noto di avere beccato uno studente, reo di avergli presentato un compito redatto dall’intelligenza artificiale. E la notizia ha fatto eco anche da altri professori, che hanno mostrato i lavori dei loro studenti presi con le mani in tasca. Come hanno fatto a scoprirlo? Dai, fate attenzione! Alla fine del capitolo ve lo scritto! NON HANNO STILE!!! Sono anonimi. Persino quando per un esperimento ho chiesto a ChatGpt di crearmi una storia nello stile di Edgar Allan Poe, è stato bravo, ma non eccelso. Insomma, si vedeva che era taroccato.

Poi per i professori è pure facile prenderli in flagrante: basterà chiedere agli studenti di sviluppare a parole il tema affrontato nello scritto. Se non sanno cosa rispondere o si aggrappano sugli specchi dell’immaginazione basterà ricordarsi che “quando hai escluso l’impossibile, ciò che resta, per quanto improbabile, è la verità”. Il problema nello scritto, così come per le illustrazioni e fra poco nei filmati video (perché lo stanno sviluppando e molto presto sarà a disposizione di tutti) è la difficoltà nel dimostrare che quella non è farina del mio sacco, della mia arte nuda e cruda. Se una persona sa scrivere, diventa pressoché impossibile scoprire l’aiutino. Nell’illustrazione se una persona diventa nota per i suoi lavori e poi deve autografarli con uno schizzo e non va oltre ad uno scarabocchio infantile, scatteranno i segnali d’allarme… Anzi, suonerà l’allarme con la voce di Mother a ricordarci che l’autodistruzione è prossima ad avverarsi.

Da queste premesse la guerra legale per i diritti d’autore è appena agli inizi. Anche perché mister Del Toro ha sbagliato quando affermare che “…L’IA può interpolare delle informazioni, ma non può disegnare. Non riesce a catturare l’espressione di un volto umano“. Probabilmente non ha visto certi lavori su Midjourney. Persino io sono riuscito ad estrapolare alcune emozioni dai personaggi da me generati: emozioni che partono dalla gioia alla rabbia o lo stupore. In questo caso penso che non sappia ciò di cui parla. Non che sia sbagliato, ma per questo specifico caso è facile indicargli l’errore.

Dunque, a mio modesto parere, ChatGpt va usata con parsimonia ed intelligenza. Fare un copia incolla integrale è non sono svilente, ma pericoloso. Se l’autore originale scopre che gli hai rubato interi capitoli di un suo scritto, sono cazzi amari. Per il disegno beh… lo dirò chiaramente: ho qualche perplessità su alcune mie creazioni. Cioè, sono sì molto belle, ma ho la vaga sensazione di averle già viste da qualche parte. Un dejà vu rischioso se dovessi pubblicarle senza accertarmi che non sia stato arraffato da una foto o un disegno di un altro artista. Che fare? Per ora le conservo e forse le stamperò per incorniciarle in casa mia visto quanto sono belle, riservandomi il tempo necessario per capirne la paternità. Guardate, c’è poco da scherzare. Se ad un manager di una grande azienda come può esserlo la Disney, si sveglia per il verso sbagliato, questo fa terra bruciata di tutto e tutti.

La strada dunque è tracciata ma è al momento molto incidentata e piena di buche e trappole. Penso che nei prossimi mesi o anni, si apriranno dei contenziosi e da esse si svilupperanno regole e leggi ad hoc per la tutela del diritto d’autore anche a fronte del lavoro personale (anche se sorprendentemente noi italiani nel lontano 1941 abbiamo creato una delle migliori leggi a tutela del diritto d’autore esistenti al mondo, consultabile alla legge n. 633 del 22 aprile 1941, cioè in pieno fascismo). Se poi da uno spunto sia narrativo che illustrato, apportiamo delle modifiche, chi mai può insinuare che quello non sia un nostro lavoro? Ogni immagine caricata su questo articolo è stata elaborato, scelto ed infine modificato partendo da questo mio spunto: l‘intelligenza artificiale si reca in un tribunale umano per far valere il suo diritto alla proprietà intellettuale dei suoi lavori. Le prime due immagini sono perciò “assemblate” seguendo i miei gusti personali. Non è dunque arte? Certo, spetta a voi indicarmi se sono arte e se effettivamente la mia idea è giunta a destinazione e non è certo un caso se vi ho inserito il mio nome nelle illustrazioni… Vi do’ una dritta: l’arte è comunicazione. Se vi foste mai chiesti, che cos’è l’arte?, riducendolo alla sua essenza, arrivereste a questa conclusione. L’arte è tale se riesce a comunicarvi qualcosa. Potete detestarla o amarla. Ad ogni modo vi ha lasciato emotivamente qualcosa che voi ritenete utile. Se al contrario, un libro non vi ha rapito, vi siete addormentati durante un film, avete osservato di sfuggita una fotografia o un quadro, se un video vi ha annoiato senza trasmettervi qualcosa di concreto e proficuo, quella non è arte e per definizione, è solo ciarpame (tipo certe foto patinate dei cataloghi di moda, tutte anonime, tutte brutte, tutte apatiche. Persino io saprei fare di meglio). Potrei mostrarvi delle sostanziali modifiche a fotografie di altri autori, ricombinate per generare qualcosa di nuovo ma del resto nel campo della fotografia, il fotoritocco esiste sin dalla sua nascita. Non è un’oscenità questa affermazione ma una marcata constatazione se si conoscesse la storia della fotografia.

È dall’estate del 2022 che si parla animatamente di quanto stia impattando l’intelligenza artificiale nel mondo dell’arte in generale e lo scontro si fa sempre più acceso. L’intelligenza artificiale dovrebbe essere usata con sagacia, ma per l’ignorante che vuol farsi passare per saggio, questa nuova frontiera è un insperato lasciapassare per una presunta vita migliore (sarà poi la vita stessa a bastonarli con la malvagità di cui è maestra). Come sempre, spetta a noi scoprirne i limiti. Ma al momento, l’anarchia è libera di agire. E forse questa, non è arte?

Boom, abbiamo un problema!

Di ritorno dalle vacanze natalizie, avrei voluto iniziare il primo post del nuovo anno parlando della mia esperienza cagliaritana, cosa ho fatto (cioè poltrire), andare al mare visto l’anomalo caldo (non ho fatto il bagno però ho cercato di prendere una salutare tintarella), feste famigliari ed uscite con gli amici. Purtroppo mi tocca parlare di lavoro e di cosa sta accadendo. Sta scatenando un putiferio la notizia che la nota piattaforma Boom Image Studio S.p.a. , nata per fornire servizi personalizzati con lo scopo di stabilire un ponte fra la domanda e l’offerta dei clienti con le aziende affiliate per lo svolgimento di lavori fotografici, sia in bancarotta. Loro dicono di no… io dico che è così e se continuerete la lettura, lo capirete! Il sottoscritto è uno dei suoi iscritti da più di tre anni. Come ha da evidenziare l’ottimo articolo del 14 dicembre 2022 a cura di Luigi Scarano per Fanpage.it, si è aperto un contenzioso, direi molto rovente e che spero con strascichi legali, fra gli ex dipendenti ed i suoi collaboratori contro la medesima società… me compreso.

Questa startup tutta italiana, nata grazie all’idea di Federico Mattia Dolci, Giacomo Grattirola e Jacopo Benedetti, è stata un successo. L’idea di consegnare al cliente i servizi richiesti in tempi ragionevolmente molto rapidi, gli ha permesso di raccogliere milioni di investimenti, attirando l’attenzione di Luigi Berlusconi e Luca Riboldi. Nell’articolo si mette in evidenza come già da settembre 2022 ci siano state delle anomalie che io non ho rintracciato in modo esplicito se non per un’unica cosa… i lavori per i mesi di settembre ed ottobre non pagati. Già questo mi direte doveva farmi storcere il naso, ma in seguito vi scriverò il perché ho continuato a collaborare con loro.

Andiamo con ordine. Personalmente, da quando ho iniziato a lavorare con loro, mi sono trovato molto bene. Tre anni non sempre proficui, ma costanti. Il motivo che mi spingono ad avere scritto che a volte era svantaggioso derivava da più fattori: distanza del lavoro; compensazioni e tariffa. Decisamente pochi per le pretese dell’azienda che esigeva la consegna delle foto entro la mezzanotte dello stesso giorno. Un po’ svilente! Ora, già che a novembre non mi avessero pagato ben due fatture precedenti era un campanello d’allarme, ma in mia difesa la società non era sempre precisa nei pagamenti e qualche volta, saltava una mensilità a cui io dovevo prontamente evidenziare. Pochi lavori, pochi soldi ma che cmq ho svolto con professionalità. Inizio a spedire mail per chiedere spiegazioni, senza che mi rispondessero. Strano, mi dico! Finché il 17 novembre mi arriva una mail un po’ strana che cita testualmente:

“Ciao Andrea, 

Ti scriviamo per anticiparti che verrai contattato a breve termine per fissare un appuntamento 1:1 con noi. In quell’occasione, a seguito dell’attenta analisi interna che abbiamo condotto nelle settimane precedenti con riferimento alla posizione di tutti voi, ti forniremo le informazioni necessarie per gestire la tua posizione, con l’obiettivo finale di tutelare l’interesse di tutti voi.

Grazie!

BOOM Support Team”

Strano…. molto strano. Anche perché, in quasi contemporanea, da un’altra startup, la francese Meero con cui collaboro stabilmente da quattro anni, mi arriva una mail molto simile (mi è giunta in lingua inglese e per semplificarne la lettura, sarà qui mostrata in italiano):

Cari Fotografi,

Speriamo che questa comunicazione ti trovi bene.

Dopo un’attenta considerazione del contesto economico globale e dello sviluppo dei nostri servizi di fotografia on-demand al suo interno, è con il cuore pesante che stiamo valutando la possibilità di interrompere le nostre operazioni in tutto il mondo (eccetto il Giappone) a partire da metà marzo 2023.

Se l’interruzione viene confermata, vogliamo comunque fornire la massima qualità dei servizi ai nostri clienti fino alla fine e speriamo di poter contare sulla vostra fidata collaborazione per raggiungere questo scopo. Tuttavia, se decidi di non collaborare più con Meero, ti chiediamo gentilmente di impostarti come “non disponibile” sulla piattaforma, a partire da oggi e di richiedere formalmente di essere rimosso dalla piattaforma contattando i nostri servizi di assistenza. Questo è solo per aiutarci ad anticipare le nostre capacità operative per i mesi a venire.

La nostra decisione non sarà presa alla leggera e ci auguriamo che comprendiate la necessità di riorganizzare le nostre attività per affrontare le condizioni di mercato difficili e imprevedibili. Ti ringraziamo per il talento e i servizi inestimabili che hai fornito a Meero fino ad ora.

Se il progetto viene convalidato, riceverai un avviso ufficiale di risoluzione del nostro Accordo sui servizi fotografici, ai sensi dell’articolo 11.1 dell’Accordo.

In caso di domande, contatta il nostro team dei servizi di assistenza. Sono stati informati sulla questione e risponderanno a qualsiasi domanda tu possa avere.

Distinti saluti,

Steven Petitpas-Polselli

Vicepresidente, consegna globale

Se dalla nostrana Boom, visto l’esiguo lavoro, mi lamento senza strapparmi le vesti, per Meero la faccenda si fa molto seria. Ritornando a Boom, prendo l’appuntamento per il 6 dicembre ma pochi giorni prima la stessa viene annullata. Il 12 dicembre, vengo contattato dal signor G. che dopo avermi fatto una panoramica della loro situazione, arriva la richiesta indecente del saldo e stralcio che dall’importo originale di 872€ da saldare, mi viene proposto il 30% per una somma di 261€. La proposta non è negoziabile perché altrimenti PER LORO salterebbero TUTTI I CONTI. Già a questa frase mi stavo alzando dalla sedia visibilmente arrabbiato. Poiché che mi dicano “ti paghiamo poco così da risolvere i nostri casini” è inammissibile. Che vuoi che mi possa importare dei TUOI problemi? I lavori fino a novembre me li hai fatti fare, quindi il cliente ti ha pagato! Cerco di entrare in modalità zen prima che il sardo che riveste la mia corazza faccia breccia e danni verbali difficilmente pronunciabili. Pacatamente, insisto per avere delle risposte. Domando se stanno chiudendo e il ragazzo mi risponde che non stanno operando da un po’ di tempo (non mi fornisce volutamente una data), al ché penso della loro disonestà, facendo lavorare anche se erano già messi molto male. Poiché lavoro a Milano e nell’hinterland, mi viene detto che potrebbero girare il mio contatto ad alcuni competitor (che diciamocelo chiaramente, non sono tanti e che già conosco e con cui lavoro). Non è una promessa e sa tanto di minaccia: saldo e stralcio delle fatture pregresse e forse, ti faremo un favore passando il tuo nome sarà passato ad altri. Tento ancora una volta di restare calmo, facendo notare che non potevano propormi simili condizioni, visto che molto di recente e per email, hanno insistito per farmi andare a svolgere più di un lavoro lontano, uno in particolare a Ponte San Pietro in provincia di Bergamo. Ci sono pure andato sotto la pioggia, in moto, ed ora mi dici che non mi paghi???

Il ragazzo continua a dirmi che questa somma è il massimo proposto e non è negoziabile. A questo punto non ho altra scelta e non accetto la proposta indecente. Il ragazzo si spinge a dirmi che non ci saranno altri lavori. Termino la telefonata nella consapevolezza di essere stato truffato (non è la prima volta che fidandomi ciecamente di talune persone mi trovo invischiato nei loro casini che poi ricadono su di me). Rimasto fin troppo calmo durante la telefonata, la mia amarezza resta nell’avermi preso per il culo. Ma fidati che se si apre una class action il mio nome sarà in calce assieme a quella di altri fotografi che chissà quanti soldi, molti, ma molti più dei miei dovranno essere saldati.

Va sottolineato che la causa non va solo riscontrata nell’attuale crisi economica dovuta alla guerra ucraina che sta mettendo in ginocchio l’intera filiera produttiva ed economica europea (aggiunto io: da bravi zerbini e coglioni ci siamo dati la zappa sui piedi) ma anche dall’acquisizione sfortunata da parte dell’italiana Boom, della tedesca LemonOne, azienda dalla visione simile a Boom. Aggiungo io che la fusione è nata poco prima che si scatenasse la guerra e questo ha creato una situazione dai riscontri imprevedibili. Per lo meno gli ex fondatori di LemonOne, Lorenz Marquardt e Maximilian Schwahn ci mettono la faccia. Trovate l’articolo originale su PetaPixel, al contrario dei nostri fenomeni che hanno disattivato gli account sia di Facebook che di Instagram.

Ho trovato l’approccio di Boom veramente disonesto e che come evidenzia l’articolista di Fanpage.it dopo aver contattato Federico Mattia Dolci (uno dei fondatori), che sia un’informazione impropria su presunti pagamenti in sospeso è a mio parere personale, un’affermazione molto grave e truffaldina. Se pagare solo il 30% del dovuto, per loro equivale a dire che non ci sono pagamenti in sospeso, lo ripeto, è un’affermazione scorretta. Ma del resto siamo italiani e lo dimostra la quasi totale assenza di gruppi di sostegno contro Boom. A dispetto dell’articolo dove si parla di fotografi che si confrontano in un gruppo su Facebook, in realtà non ne ho trovato riscontro da nessuna parte e non mi pare (ma spero di sbagliarmi) che ci sia la volontà nascente di unirsi legalmente contro la società per avere ciò che ci spetta. Pensate che su Facebook ho trovato solo un fotografo, GV, a parlare della sua esperienza con qualche sparuta risposta. Poco, troppo poco per un danno all’intera categoria che dovrebbe fare fuoco e fiamme sull’intera vicenda. Il solo articolo di Fanpage.it non aiuta a creare un’unione legale (non ho trovato altro neppure sul corriere dei piccoli. Che siano solo 4 o venti lavori poco importa. Il lavoro se svolto e consegnato, la società è tenuta a pagare.

Se avete qualche nuova dritta o qualche informazione aggiuntiva, potete scrivermi qui o direttamente alla mia email personale: info@andrea satta.com