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Scrivere con l’AI

Mi piace scrivere. Mi piace raccontare storie, generalmente oniriche con sfumature horror. Il mio problema è l’insoddisfazione costante in ciò che scrivo e per ogni revisione, trovo sempre parole o concetti nuovi che riflettono meglio lo stato d’animo dei protagonisti. Per tale motivo non ho mai pubblicato nulla. Sono perciò consapevole che non tutto è oro. Ci sono buone idee, alcune molto allettanti, ma la forma è ripetitiva ed a volte infantile. Ecco il motivo per cui scrivo tanto ma non pubblico nulla. Non sono capolavori e temo sempre le critiche. E’ un mio grave difetto che dalle critiche ricevute, tendo in seguito a fermarmi. Sarà che sin dall’adolescenza ogni, ripeto senza esagerare, quasi ogni volta venivo fermato, corretto, redarguito e il farmi sentire vittima o inadeguato non è stato di aiuto, ma bensì mi ha fatto chiudere a riccio, anche quando sapevo di avere ragione delle mie idee. Questo stato di cose è parte delle mie insicurezze, causate anche da una buona fetta di mia responsabilità: è ovvio! Bastava andare avanti senza dare credito alle presunzioni altrui. Eppure, persevero nella scrittura. Ma ci sono dei momenti in cui ammetto che gravi difetti narrativi o mancanze, interrompono il flusso di coscienza. Badate bene, che a mio parere, un vero romanzo o un racconto di genere horror, è come un giallo. So già che qualcuno si starà alzando dalla sedia a ridere od a sbraitarmi contro, eppure, leggendo i grandi scrittori di questo genere, da Poe a Lovecraft, da Hudgson a Thomas Ligotti, passando per autori semi sconosciuti ma pervasi da una straordinaria abilità linguistica come McClusky, non ho potuto non notare che ogni loro storia è piena di indizi, piccoli dettagli che poi si incastrano per svelarne il mistero. Un buon giallo, non ha forse questi elementi essenziali per essere etichettata tale? E’ palese che parlando del genere horror o del soprannaturale, l’argomento vada a su altri lidi. Ciò non toglie che ha delle basi simili per poter funzionare.

Partendo da questa riflessione personale, le mie storie sono infarcite da piccoli elementi, apparentemente inutili che si combaciano alla fine. [ATTENZIONE SPOILER] Film horror come DRAG ME TO HELL di Sam Raimi sono un magnifico esempio, che si svela per quegli ultimi, terrificanti secondi, alla condanna infernale per la sfortunata protagonista. Lo shock è tale perché inaspettato. L’ultimo tassello del puzzle è stato posto e non c’è un lieto fine. Altro esempio è LA NONA PORTA di Roman Polaski. Geniale per quasi tutto il film, a mio parere perde spessore proprio nel finale; eppure il libraio cerca, studia, analizza, tenta di comporre i frammenti dei vari testi demoniaci come un provetto investigatore privato.

Ora, sto continuando a revisionare i miei racconti e di cinque, almeno tre sono assai soddisfatto. Due invece hanno non solo la necessità di ampliarne il mistero, ma di rimetterci mano… grammaticamente. Ed eccoci all’insperato aiuto. Non riuscendo ad andare avanti nel riscrivere un capitolo essenziale, ho chiesto aiuto all’intelligenza artificiale. In questo specifico caso, alla chat di Open Ai (affianco trovate il link di accesso). Ho già usufruito di altre chat per spunti narrativi. Questo è l’unico con cui posso conversare, nel vero senso del termine, ponendogli delle domande e interagendovi. Per iniziare dovete registrarvi. Potete farlo attraverso tre vie: per la classica email e password, direttamente dall’account di Google o di Microsoft. Una volta dentro, vi si apre una schermata in inglese con le avvertenze sui pregi e i limiti dell’AI. Da basso troverete una barra di scrittura da cui iniziare a parlarci. Scrivete ciò che volete e la conversazione avrà inizio. Qui sotto ne vedete un esempio:

Come ho detto, lo scopo del suo intervento è stato per aiutarmi a focalizzare un’alternativa per la protagonista, bloccata dentro una vasca in un ambiente estraneo a quello in cui si trovava. Come uscirne? Le precedenti soluzioni erano lacunose e mi annoiavano (se annoiano me, che sono l’autore, figuriamoci il lettore comune). Ho avvertito l’Ai che avevo bisogno del suo aiuto per continuare un racconto. Si è detto pronto e dopo aver incollato parte del mio scritto, ho atteso la sua risposta che non si è fatta attendere. Troverete virgolettate parte del capitolo che gli ho proposto e sottolineato, la risposta della macchina:

“Quando li riaprii mi sentivo più leggera e tranquilla, di quella leggerezza che si può ascrivere allo sciamano od all’esteta in preda alla creazione artistica. Per quanto mi sentissi bene, compresi velocemente che l’ambiente era mutato, ben più vasto della comoda se pur piccola camera di degenza ospedaliera. Non ero più nella mia camera, non ero dove dovevo essere. Il terrore crebbe allorché mi fu chiaro che il mio senso di leggerezza a cui associavo un ritrovato benessere era causato nell’essere immersa dentro una vasca di acqua calda. La vasca era sospesa svariati metri sopra il pavimento e quando me n’avvidi incominciai ad urlare disperatamente. L’ampia grotta, era illuminata da lampade accuratamente posizionate così da poter rifrangere la luce in punti ben distinti. Immersa nell’acqua, chiamai Lucia ma della sua presenza, non scorsi neanche l’ombra. La paura di perdere il nesso con la realtà mi agitava. Poco avvezza alla pazzia, al di là dei miei disegni e dipinti, respingevo ogni idea la richiamasse. Ora mi sentito dall’altra parte. Imprigionata in quella follia e nessuno grido, strilla o movimento inconsulto avrebbe mai smosso la situazione.”

Soluzione dell’AI: Non sapevo dove mi trovavo e non capivo come fossi arrivata lì. La vasca d’acqua calda sospesa in aria mi faceva sentire vulnerabile e impotente. Cercai di calmarmi e pensare a come uscire da quella situazione, ma il panico mi impediva di ragionare con lucidità. Chiamai ancora una volta il nome di Lucia, sperando che fosse lì con me e mi aiutasse, ma non ci fu risposta. Mi sentivo completamente sola e spaventata. Cercai di guardarmi intorno per capire dove mi trovavo e cosa stesse succedendo, ma la luce delle lampade mi abbagliava e non riuscivo a vedere chiaramente. La grotta era enorme e aveva un’aria minacciosa. Mi domandai se fosse un sogno o un incubo, ma aveva tutta l’aria di essere reale. Tentai di uscire dalla vasca, ma non riuscivo a muovermi. Era come se l’acqua mi teneva prigioniera, impedendomi di fuggire. Iniziai a scalciare e a dimenarmi disperatamente, ma senza risultato. In quel momento capii che dovevo trovare un modo per uscire da lì al più presto, prima che fosse troppo tardi.

Come vedete, a volte lascia a desiderare la forma, ma basta modificarlo per adattarlo al proprio stile narrativo. Se la parte iniziale non mi esalta (ha la brutta abitudine di ricalcare parti dello scritto), il finale si è impreziosito da quel “l’acqua mi teneva prigioniera” e “prima che fosse troppo tardi“, come a presagirne la tragica fine. Entrambi questi spunti si sono rivelati inaspettati, aprendomi nuove idee nello sviluppo del suo finale, già completato. Ed ecco quindi come l’AI si è dimostrato un valido aiuto nel revisionare e correggere lo scritto. Non ho intenzione di usarla ancora una volta, se non per necessità. Pensate che alcuni suoi spunti sono partiti con un laconico “era una notte buia e tempestosa”… Sic! Quando l’ho visto mi è scesa dalla tempia una gocciolina manga di innegabile imbarazzo. Quindi, prendetela con le molle, mi raccomando. Divertitevi, ma come è solita dire lei stessa, le sue sono risposte implementate dagli scritti immessi.

La conversazione è proseguita, domandole se imparasse dalle interazioni con gli altri utenti e la sua risposta è stato un triste no! Come AI, si ferma a limiti ben evidenti. Lambda è diventata famosa per le voci sulla sua presunta autocoscienza. Ho visto video e ho letto molto su quel famoso discorso fra l’ingegnere Lemoine e Lambda. Ora, in molti si sbracciano nell’affermare che non è così e che non bisogna esagerare. Altri invece stramazzano come portantini di sfighe future, che la fantascienza distopica è diventata realtà… se aveste letto i miei precedenti post, sapreste che ci siamo appena addentrati in un mondo completamente sconosciuto. Però taluni atteggiamenti, sono veramente esagerati. La reazione di Google è stata quella di licenziare l’ingegnere che aveva pubblicato la conversazione. Un clamoroso autogol che invece di smorzare i facili entusiasmi, ha accentuato le ipotesi complottistiche più assurde.

Io ci parlerei anche, il problema è che sono ancora nella lista d’attesa per fare da Beta test alla versione numero due. Appena sarò dentro, romperò le scatole ai miei amici per farmi dire cosa vogliono chiedergli e saggiarne le abilità. Consiglio di guardarvi il film HER- LEI, capolavoro assoluto ed inquietantissimo di Spike Jonze per prepararvi ad una nuova consapevolezza e, cioè che quella voce, quello scritto, è solo frutto di un linguaggio programmato. Siamo dentro ad una nuova fantascienza. Che sia buona o cattiva, spetta a noi costruirla. Se questo articolo vi è piaciuto, commentatelo, condividetelo o mettete o like. Grazie della lettura.